Nel film di Luigi Magni del 1971, il protagonista, Publio Cornelio
Scipione, uomo integerrimo e leale, ingiustamente accusato di peculato,
davanti al Senato di Roma che lo deve giudicare, si autoaccusa delle più
orrende nefandezze finchè Catone,
Censore della Repubblica e suo principale accusatore, è costretto a
dirgli di darsi una calmata: -non occorre strafare - gli dice - Essere
meglio, no!, essere peggio è inutile...uguale...basta essere uguale... u
-g - u -a- l -e...
E intendeva dire uguale agli altri.
Quest'episodio mi viene in mente per spiegare perchè io, contro
l'evidenza dei fatti, continuo ad aver fiducia in alcuni politici.
Ho militato per anni in un partito, il PCI, in cui la questione morale
era molto sentita da noi militanti e la fiducia nei dirigenti era
indiscussa. E i dirigenti ripagavano questa fiducia con un comportamento
irreprensibile. Pasolini ebbe a scrivere che il PCI era ...un Paese
pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un
Paese intelligente in un Paese idiota, Un Paese umanistico in un Paese
consumistico...
E Indro Montanelli, che non si poteva certo
tacciare di filocomunismo, in una intervista disse che: - il Partito
Comunista non era un partito, era qualcosa di mezzo fra la caserma e la
chiesa, per entrare nella quale bisognava prendere i voti; e i voti si
prendevano in un seminario chiamato "la scuola delle Frattocchie" dove
si preparavano gli uomini di apparato, i quali si impegnavano a servire
il partito ciecamente col sacrificio di qualsiasi interesse personale.
Questi uomini formavano la più efficiente delle burocrazie italiane. Non
c'è dubbio alcuno che il partito comunista sia stato un partito serio,
veramente serio, molto più serio di tutti gli altri.
Ecco: io
ho fiducia negli uomini che provengono dal PCI appunto perchè si sono
formati in un partito serio che faceva della questione morale uno stile
di vita. Ho fiducia in Bersani, in D'Alema, in Veltroni, in Giorgio
Napolitano. Ho piena fiducia in questi uomini, e quando le cronache
tentano di gettare qualche ombra su costoro, mi vengono in mente
Pasolini, Montanelli e, perchè no, Publio Cornelio Scipione e Catone
il Censore.
Viviamo in un paese, l'Italia, in cui l'anarchia (non
nel suo significato nobile, ma intesa come menefreghismo) e la piccola
illegalità sono largamente diffusi, direi quasi maggioranza.
E
trovo il pensiero hegeliano pienamente rispondente al nostro caso: larga
parte del popolo non ha volontà di essere libero. Libero dal bisogno,
libero dai pregiudizi, libero dal conformismo, libero dalle proprie
paure. E così troviamo la casalinga e il pensionato, il piccolo
commerciante e il modesto artigiano, il disoccupato e il piccolo
imprenditore che votano Berlusconi. Sfruttati che votano il loro
sfruttatore.
In un disegno politico di ampio respiro, che intende
unire non due partiti, ma un intero popolo, (questo è l'obiettivo finale
del PD) è indispensabile che l'unione avvenga non fra buoni e cattivi o
fra onesti e disonesti, ma fra UGUALI. (chi vuol capire, capisca).